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Nell'affrontare la questione culturale nelle aree fragili il termine divario è chiaramente provocatorio: se, da un lato, infatti, la cultura è difficilmente misurabile attraverso una scala, dall'altra le gerarchie e le differenze del sapere esistono e influenzano le relazioni tra le persone e i territori. Pur rifuggendo quindi gli estremi opposti dell'arretratezza culturale e del compiacimento folkloristico, non possiamo prescindere dal considerare le varie graduatorie del sapere convenzionale che si esprimono nell'istruzione, nella formazione permanente e nel trasferimento tecnologico: sono queste, infatti, attività ordinabili in scale di valutazione e che permettono una comparazione che tenga conto della dimensione territoriale. In questo contesto si salva l'arte che, più difficilmente, viene catturata dall'industria culturale o da istituzioni educative centralistiche. Anche l'immenso patrimonio della conoscenza tacita elude le gerarchie del prestigio culturale, ma la sua esistenza è continuamente minacciata di estinzione o fraintendimenti. Nel caso delle aree fragili, il campo da esplorare è vasto, variegato e presenta anche qualche insidia, che va dall'idea che la cultura sia il prisma attraverso il quale ogni cosa acquista senso, fino all'estremo opposto, ovvero all'affermazione che abbia un rango culturale anche la più banale delle manifestazioni ludiche.